giovedì 17 maggio 2012

Mare (dueparole1 - FeFe)

Ecco qui anche il mio racconto con le prime due parole: banana e telescrivente!
Non è molto lungo, ma ho provato a condensare brevemente una mia piccola riflessione.
Buona lettura! :)

Stava seduto alla sua scrivania come tutte le mattine. Lavorava con la sua telescrivente mangiando una banana. Era bravo nel suo lavoro. Stava con la testa china tutto il giorno a scrivere informazioni per i suoi capi.
Tutte le sere staccava dal lavoro e, sempre a testa china, tornava a casa da sua moglie e dai suoi figli, con cui cenava. Poi andava a letto.
La mattina dopo si svegliò come al solito presto. Fece colazione, si lavò, salutò la moglie ed uscì di casa. Si recò al lavoro e si mise subito chino sulla telescrivente. Durante la pausa mangiò una banana, come sempre, poi si rimise a lavoro. Uscì alla stessa ora per tornare a casa, sempre con la testa china. Dopo cena la moglie si arrabbiò con lui, disse che da tempo ormai non era più felice, che si sentiva male, voleva scappare da quel posto alienante, lo supplicava di andar via. Lui stava con la testa china e non rispondeva, così andarono a dormire.
La mattina dopo si alzò presto, fece colazione, salutò la moglie e andò al lavoro. Si mise chino sulla telescrivente, mangiò una banana e tornò a casa. Rientrato si accorse che la moglie e i figli non c’erano più. Al loro posto un biglietto sul tavolo con scritto “Non ce la faccio più a vivere così, vado via e mi porto anche i nostri figli perché non si ritrovino anche loro vittime inconsapevoli di un mondo così ostile”. Dopo la lettura non ebbe alcuna reazione. Cucinò, mangiò e andò a dormire.
La mattina dopo si alzò, fece colazione e senza salutare nessuno, perché nessuno c’era rimasto, andò al lavoro, chino sulla sua telescrivente, mangiando sua banana.
Tornò a casa, mangiò, dormì.
Lo stesso ritmo si ripeteva senza cambiamenti ormai da molti anni, ed andò avanti un anno ancora. L’unica cosa che rompeva la routine era una telefonata della moglie una volta alla settimana, in cui ella lo incitava a raggiungerli lì dov’erano, in un posto diverso, dove c’era il sole, dove si poteva ridere, dove non c’erano né telescriventi né banane. Lui annuiva, con la testa perennemente china, poi mangiava e andava a dormire.
Una mattina si alzò, fece colazione, ma quando andò in bagno per lavarsi accadde qualcosa che non era mai avvenuto: per la prima volta si guardò allo specchio con profondità, fissando il riflesso dei suoi occhi. Non erano spenti né grigi, erano di un verde limpido come l’acqua del mare, e come questa altrettanto profondi. Era come se potesse guardarsi dentro e per la prima volta scoprì se stesso. In quell’abisso non vedeva né uffici, né banane, né telescriventi. Vedeva un uomo, vedeva i suoi sogni estirpati troppo presto dalla sua anima, vedeva le sue speranze di bambino, vedeva i suoi pensieri e i suoi desideri più reconditi. Era ipnotizzato da quella visione, non riusciva a staccarsi dallo specchio, da sé stesso.
Quella mattina per poco non fece tardi al lavoro, dove arrivò sudato e scomposto, dopo una lunga corsa attraverso il viale principale. Si sedette alla scrivania per scrivere, ma per la prima volta notò una grande finestra sita proprio davanti la sua scrivania, a cui non aveva mai fatto caso. Da quella finestra si vedeva il mare, l’orizzonte, le barche che fluttuavano dolcemente su quella superficie calma. Lo fissò a lungo, chiedendosi cosa ci fosse al di là di quella grande distesa. Per la prima volta fu preso dalla curiosità di esplorare, di scoprire, di conoscere. Tanto che si dimenticò della telescrivente sotto le sue dita, e non mangiò la sua banana.
Uscendo dal lavoro non tornò a casa, ma si diresse verso il molo, che non aveva mai visto.
Sedette sul limite della banchina e rimase incantato dal tramonto. Il Sole scompariva dietro l’orizzonte, lasciando una soave scia di colori. Trasmetteva calma e serenità. Per la prima volta egli alzò la testa e sorrise. Poi tornò a fissare il male, come se ormai fosse parte di lui. Quando il Sole ormai scomparve del tutto, fece per alzarsi, ma notò una piccola barca a remi abbandonata sotto il molo. Allora scese sulla spiaggia umida e mise in mare la barchetta. Galleggiava: poteva navigare. Salì e prese uno dei due remi adagiati nella conca, ed iniziò a remare, lasciando pian piano il porticciolo. Andò sempre più avanti, fino alla linea dell’orizzonte e poi scomparve.
La mattina dopo gli impiegati si alzarono presto, fecero colazione, salutarono le proprie famiglie, e si recarono chini al lavoro. Ma lui no, non c’era più, era ormai lontano da telescriventi e banane, finalmente libero e consapevole di esserlo. 

FeFe

4 commenti:

  1. D'awww! Amico, le parti in cui hai descritto il mare sono così romantiche e deliziose (soprattutto in confronto al resto delle descrizioni) che al momento sto invidiando tantissimo l'ometto che manda tutto aqquelpaese e parte...mi è piaciuto soprattutto il fatto che la storia abbia un lieterrimo fine; non me l'aspettavo.

    Per il resto, penso che tu abbia scritto tutto molto bene. Qui mi sa che ci va una virgola:
    "Ma lui no, non c’era più era ormai lontano da telescriventi e banane"; dopo "era", i mean.

    Yaaaay sono felice che stiamo davvero facendo codesta cosa :D

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    1. Amica grazie!
      Finalmente non perdiamo il nostro tempo a vanvera (o meglio, non solo) ma riusciamo a fare qualcosa di carino :3
      Ma la frase vuol dire che lui è lontano da telescriventi e banane ed inoltre libero ecc., cioè "ormai.." non è un inciso, è proprio la frase xD

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    2. uooops intendevo dopo il "più", giuggiolo!

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    3. Uh, non me ne ero accorto, in questo caso grazie, ho provveduto :)

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