Questa volta posto per prima sulle parole gufo e bianco! Gioitevela!
Storia
di un gufo diurno
Fin
da quando era piccolo lo avevano soprannominato Gufo: naso ricurvo come
un becco, grandi occhi penetranti e sopracciglia cespugliose. Inoltre quando si
arrabbiava sembrava arruffare le piume, gonfiandosi fino a scoppiare e
afferrandosi con dita simili ad artigli a qualunque cosa gli capitasse.
Decisamente non era stato un bel bambino, ma a differenza di altri era stato
chiamato con affetto "gufetto della mamma".
Un
altro dettaglio importante: il signor Gufo era cieco dalla nascita.
Il
signor Gufo, infatti, non aveva la benché minima idea di come diamine dovesse essere un gufo. Eppure, il signor Gufo era intimamente
felice: sapeva di conoscere il mondo in misura maggiore di molti altri che
invece potevano vederlo. Nessuno più di lui riusciva a comprendere il piatto di
lasagna che la signora Cesira gli preparava tutti i mercoledì: la complessità del suo sapore, dovuto ai
molteplici stati che lo componevano e il suo profumato tepore. Con un solo
assaggio riusciva perfino a capire quanto ci fosse di un certo ingrediente o di
un altro e, soprattutto, se la signora Cesira ci avesse messo o no la salsiccia
che le portavano i suoi parenti umbri.
Quando
passeggiava nel parco, camminava sorridendo: il ronzio di un insetto, le voci
dei bambini, e anche il bestemmione di un adulto che aveva pestato una cacca di
cane, diventavano una sorta di "unicum" armonico, scandito
ritmicamente dal suono dei passi del signor Gufo.
Si
poteva dire che fosse addentro il mistero delle piccole cose, quelle che la
maggior parte delle persone attraversa senza vivere, limitata com'è dai propri
occhi. E grazie a questa consapevolezza, il signor Gufo aveva creato quella che definiva la teoria
dell'orologio: non c'è un solo uomo al mondo, che lasciato in una stanza piena
di oggetti, non finisca per escludere il suono ritmico di un orologio che
scandisce i secondi. Questo perché gli occhi conducono una persona a
dimenticarsi della totalità per cercare solo ciò che attira la loro attenzione.
E se anche fossero portati a concentrarsi sull'orologio, perderebbero tutto il
resto, a meno che non lo osservino col cuore.
Il
signor Gufo portava il bastone solo perché era certo che aumentasse il suo fascino.
Aveva spesso sentito parlare di gentiluomini in frac e tuba che, armati di un
elegante bastone, fendevano la folla con passo sicuro e aveva deciso di
volergli assomigliare. L'unico problema era che i frac erano scomodi e costosi
e che non aveva idea di dove avrebbe potuto trovare una tuba. Così si era
accontentato di girare per la città accompagnato da un lungo e pesante bastone
di noce, che più di una volta aveva fatto inciampare il prepotente di turno.
Oltre
che a questi piccoli piaceri quotidiani, il signor Gufo dedicava la sua vita ai
fiori: la sua casa era piena della loro fresca fragranza e in ogni stanza si
trovavano innumerevoli piante. Rose,
gigli, violette, orchidee e molte altre piante, che avevano operato un piccolo
miracolo per il signor Gufo: gli avevano permesso di vedere i colori. Non
avrebbe mai scordato la prima volta che accadde: stava mettendo il concime su
un'orchidea e, mentre era tutto indaffarato a sollevare il pesante sacco, alle
narici gli arrivò l'odore della pianta e contemporaneamente ad esso, un lampo
rosa balenò nell'oscurità dei suoi occhi. Per lo stupore gran parte del concime
finì sul pavimento, ma il signor Gufo non se ne curò e rimase immobile mentre i
piccoli granelli rotondi rotolavano ai suoi piedi. Lui aveva visto! E aveva
visto perché poteva sentire! La gioia del signor Gufo era immensa e iniziò a
camminare come un folle per la casa, passando da una pianta all'altra e ogni
singolo fiore iniziò a regalargli il suo tesoro più grande. In un attimo la
mente del signor Gufo era abbagliata da un tripudio di colori che fino a quel giorno aveva conosciuto solo di nome: il giallo
riluceva inseguito da un rosso scarlatto che si confondeva in un azzurro
luminoso per tuffarsi in un blu oltremare!
Poi,
il signor Gufo cessò la sua danza estatica e con il cuore in gola si diresse in cucina, dove si
trovava una splendida orchidea. La signora Cesira ne aveva sempre tessuto le
lodi, dicendo di non aver mai visto una pianta più curata di quella: era
l'orchidea bianca più bella che avesse mai visto.
Bianca,
quell'orchidea era completamente bianca, pensò il Signor Gufo. Tra tutti i colori che ancora danzavano
nei suoi occhi ciechi, il bianco era l'unico che mancava. Ed era quello che
meno riusciva a immaginare: era l'esatto opposto dell'oscurità in cui aveva
vissuto per tutti quegli anni, era la luce del giorno in cui nessun gufo si era
mai avventurato. Sapeva che il fiore era esattamente davanti a lui, ma non
trovava il coraggio di avvicinarsi. Con uno sforzo immane fece un passo in
avanti e il profumo dell'orchidea lo avvolse. E a quel punto fu come
ricongiungersi ad una parte si sé che non aveva mai conosciuto: nella sua mente
apparve per la prima volta nella sua vita, un'alba di cristallo. E in quel
bozzolo di luce iniziarono a cadere piccole gocce di pioggia, lacrime che si
andarono dolcemente a posare sui morbidi petali del fiore.
Cami/Bradipo
amico mio, ma quanto è tenero il signor gufo??? ma quanto mi rende felice?? è un po' tipo amelie, solo più brutto e cieco. un vecchinobambino pronto a gioire della vita.
RispondiEliminaa parte che ti devo menare perchè anch'io ci volevo piazzare un tizio cieco, nella storia, per via del bianco D:
e la signora cesira non riesco a non immaginarla come la moglie di enrico la talpa. SO CHE ANCHE TU HAI FATTO CIò!
sei riuscito a condensare il tutto in una storia davvero breve, senza che la bellezza del racconto si perdesse; è questa la cosa più difficile! ora mi sforzerò anch'io affinchè ciò accada, o mio buon amico. blibbi!
Amico sono il fregone di ciechi! amico sappi che bidui i tuoi racconti sono ricchissimi e che la loro lunghezza è perfettamente calibrata su quello che vogliono esprimere! io sono pigro e scrivo cose corte!
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