sabato 27 ottobre 2012

Racconto - FeFe

Ciao a tutti! 
E' con l'occasione di un'ora di attesa per ritirare un libro che ho deciso di rompere la pausa "estiva". Quindi ecco a voi un nuovo racconto fresco fresco. Stavolta non si tratta di un "dueparole", ma di un racconto a parte, per il quale non ho volutamente scelto un titolo. Vorrei continuarlo, ma non ne sono sicuro, così come non sono sicuro di alcune cose nel testo, come per esempio il sesso del protagonista. Ergo, se notate errori e/o avete suggerimenti, vi prego di scriverli nei commenti! :-)
Grazie e buona lettura a tutti! :-D
FeFe

Racconto

Voleva scappare. Era tutto quello che sapeva. Stava nella sua stanza fissando la finestra. Il cielo era grigio, lo era da molto tempo. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva visto la luce del Sole, ed aveva sentito il suo tepore sulla pelle. La gioia, quella gioia di sentirsi felice di vivere secondo i propri sogni, secondo quello che sentiva dentro. L’aveva mai provata? Aveva realmente vissuto in quel modo? Forse.. non riusciva a ricordare. Aveva di certo vissuto, ma non secondo ciò che provava, bensì secondo quello che provava qualcun altro che decideva per lui. Se ne era accorto in un pomeriggio di luglio, mentre passeggiava per la città senza una meta; non l’aveva mai fatto, era la prima volta. In ogni momento della sua vita aveva sempre fatto qualche cosa. Anche quando riposava sentiva il bisogno di fare, altrimenti avrebbe perso tempo. Il TEMPO: quell’impalpabile sensazione che sfugge, scappa via e non ritorna. Sapeva di non doverlo perdere, poiché era prezioso. Lo custodiva gelosamente e sentiva di doverne sfruttare ogni secondo per non restare indietro. Ora non più: quel pomeriggio aveva detto BASTA. Aveva preso la borsa con dentro un libro e si era diretto verso la città. Non aveva una meta, voleva perdersi ed i vicoli del vecchio centro si adattavano bene allo scopo. Si avventurava nelle viuzze strette come ci si avventura in un pensiero insolito che balena improvvisamente nella testa. E così come un pensiero porta ad un altro, le vie sfociavano l’una nell’altra senza fine: un fiume che scorre. Il fiume delle vie, il fiume dei pensieri. Era bello. Finalmente si sentiva sé stesso, sentiva il suo cuore e i suoi desideri, senza più filtri, senza più influenze esterne. Aveva assaggiato un boccone di libertà ed ora voleva farne indigestione.

La pioggia aveva iniziato a cadere incessantemente. Batteva forte sul vetro, così come gli ordini di chi pensa di poter imporre la propria volontà sulla libertà altrui. “BASTA!” si ripeteva in testa. Sentiva il bisogno d’aria fresca, un’aria ristoratrice che potesse salvarlo. Si voltò verso l’interno della camera. Vedeva le sue cose: regali, acquisti, spesso oggetti superflui presi per calmare momentaneamente la tristezza dell’animo: la splendida illusione della sua epoca. Ispezionò attentamente ogni oggetto. Catalogò mentalmente quelli che per lui erano indispensabili. Di colpo, quasi fosse vittima di un raptus, tirò fuori una grande borsa ed iniziò ad infilarci dentro alla rinfusa ciò che aveva individuato come indispensabile. Quando ebbe finito si concesse un attimo per riprendersi. Si sedette sul letto e chiuse gli occhi respirando lentamente: voleva fuggire ma aveva paura, la stessa paura  che si impossessa di chi, per salvarsi da una situazione pericolosa, deve necessariamente buttarsi nel vuoto. Sentiva la stessa vertigine, la medesima paura. Doveva buttarsi, ma guardandosi indietro ripensava alla sua “prigione” e la vedeva ora come un luogo confortevole e sicuro, un posto in cui forse poteva restare, se avesse imparato ad accettare tutti quegli odiati compromessi che ora sembravano quasi accettabili in cambio di quella cella che somigliava adesso ad un bellissimo giardino. Tuttavia, anche Adamo ed Eva vivevano in un paradiso meraviglioso, ma la voglia di conoscere li aveva spinti a trasgredire. Volevano la conoscenza ed in cambio avevano ottenuto la “cacciata dal paradiso terrestre”. Tramite la punizione avevano però potuto conoscere il resto del mondo che li circondava, un mondo strano, talvolta bello, talvolta crudele, ma comunque più grande di un giardino.

Aprì gli occhi, guardò la porta. Si alzò di scatto. Prese la borsa e afferrò la maniglia..

FeFe